Ero indeciso. Non che ci abbia pensato poi su così tanto, ma ero indeciso ugualmente. Il 27 febbraio compio 50 anni. Sono nato nel 59, quindi facendo due conti, questo è il dato. Ho cominiato ad ascoltare musica a casa. Ai miei genitori piaceva la musica del loro tempo, Claudio Villa e Modugno. Mio papà che è stato tanto con gli americani durante e dopo la guerra, aveva anche un po’ di passione per lo swing, per qualcosa che sapeva di big band. Alla tivù davano Canzonissima e Studio Uno e c’era pure Gorni Kramer con la sua orchestra. Da qualche parte mi ricordo in sottofondo Fred Buscaglione, mentre quando andavo con mia madre all’ultimo piano del mio palazzo, in Viale Pavia a Lodi, c’era una sciùra che metteva sempre su i dischi di Claudio Villa, soprattutto Granada.
A un certo punto – imprecisato – mia sorella ha iniziato ad andare a lezione di pianoforte. Era brava. Ai saggi l’applaudivano tutti. Per me ascoltarla era un po’ bello e un po’ una noia. Faceva sempre esercizi. Ne faceva molti, ogni giorno. Io mi stancavo perché volevo guardare la tivù e se lei suonava non potevo. Più avanti, quando diventavo più grande, verso le medie, mia sorella ascoltava Beatles e Lucio Battisti. Siccome piacevano a lei a me, per contrasto, non piacevano. Attorno alla terza media un amico di mia sorella le prestò dei dischi: Procol Harum dal vivo (con dentro una fantastica Conquistador), qualcosa dei Beatles e Live Cream nr 1. Io mi innamorai del disco che a lei non piaceva: i Cream, Eric Clapton. E’ stato il mio primo incontro “cosciente” con il rock. Poi sono venute le superiori e lì è successo il casino. Avevo i capelli lunghissimi. Avevo l’eskimo, ma siccome tutti lo compravano verde, io me l’ero comprato marrone scuro. Ero l’unico così. Eravamo autenticamente proletari: compravamo i jeans rifle allo spaccio militare di Lodi: costavano pochissimo. Non mi andava mai di essere come tutti. Con un po’ di amici facciamo gruppo ascoltando solo e unicamente musica americana, in testa Dylan e Crosby, Stills, Nash & Young, poi l’avanzare di Led Zeppelin e Yes (ero diventato un fans di Steve Howe). Andavamo sulle rive dell’Adda in mezzo ai boschi, ragazzi e ragazze. Facevamo il bagno.
Il mio primo “evento rock” è stato un viaggio a Milano a vedere al cinema Picures at an exhibition di Emerson Lake and Palmer (solo molto più tardi ho sentito la versione “classica”). Poi la scoperta della Premiata forneria marconi e di Storia di un minuto. Una sera, durante il primo anno di superiori, la folgorazione: alla radio sento Piece of my heart e mi innamoro perdutamente di Janis Joplin: compro il doppio Janis che non mi lascerà mai. Sempre alla radio – erano i tempi di Supersonic e Per voi giovani – sento per la prima volta un nome: Allman brothers band. Stavano suonando Midnight rider, “i got one more, silver dollar….” e anche questo è un amore che non passerà mai. Più tardi sono arrivati gli altri, Colusseum, Eagles, Bob Marley, Grateful Dead. Mi appassiono alla musica anarchica di Claudio Rocchi (Volo magico nr.1, Il miele dei pianeti, Essenza), agli spiritualismi dei Popol Vuh, alla voce suprema di Van Morrison, all’eterna jam di Happy trails dei Quicksilver di Johnny Cipollina. Un mio amico indimenticabile, Mino, mi contagia con i Lynyrd Skynyrd, comincio ad amare anche i Pink Floyd, non stravedo per Hendrix, ma perdo la testa per la Marshall Tucker band di Toy Caldwell e mi chiedo perché sono nato in Lombardia invece che nel Sud degli States. Mangiavo pane e musica, cercavo di capire cosa volevano dire le canzoni, mettevo su le prime band. Con Emanuele, che ora lavora a Trento e tiene sempre famiglia a Lodi, suonavamo soprattutto Neil Young facendo qualche bella decina di concerti in giro per la Bassa. Nel frattempo succede qualcosa: incontro gente che guarda in faccia senza ombre, che parla di felicità , gente di cui inizio a fidarmi. La strada mi porta in università , esplodono gli anni dei Blues Brothers, vengono a Milano Lou Reed, Bob Marley, Bob Dylan. Suono nelle band universitarie e agli happening dei giovani facciamo serate per 5-6-7.000 persone.
Poi mi laureo. Mi sposo. Faccio figli. Trovo un lavoro, il lavoro che volevo: fare il giornalista scrivendo di musica. Passano gli anni, i miei genitori continuano a star bene e non capiscono come possa la musica dar pagnotta a qualcuno, ma gli va bene così. Mia sorella diventa nonna. Giro il mondo, mangio musica da mattina a sera, ho amici che mi vogliono bene. Vado in Canada e in Russia con Enrico Ruggeri, volo una ventina di volte verso gli Usa per concerti o interviste, passo alcuni splendidi giorni con Dan Akroyd e incontro Albert Collins, David Gilmour, Daniel Lanois, B.B.King, Roger Daltrey e Robbie Robertson. Affronto le fatiche, gli alti e i bassi, sapendo che non son solo e che la vera benedizione della vita è portare una ferita che non si rimargina: non è una maledizione, ma il senso di tutto. I miei figli crescono. I miei amici continuano ad esserci. Ho scritto un libro che parla di rock con dei cari compagni di viaggio. Quando parlo di musica – quindi sempre – la gente mi sopporta e qualche volta mi apprezza. Sono stato a Glastonbury, primo italiano già nell’89: era un anno d’oro con Waterboys, Hothouse Flowers e Van Morrison. Poi a Lorient, a vedere una delle più grandi band che siano mai esistite: i Gwerz, folk-jazz celtico. Ho visto Stevie Ray Vaughan a Lignano, concerto di oltre tre ore con pubblico prettamente americano, tutti avieri della base di Aviano. Ho lavorato con Eros Ramazzotti, ho intervistato parecchia gente, sono stato con Zucchero in giro per l’Argentina (divertentissimo). A un certo punto se n’è andato don Luigi ma è arrivato don Julian e il cuore ha continuato a battere.
Ho ascoltato tanta musica. L’ho amata. La amo. Qualcuno mi ha insegnato a cercare anche li dentro. Ho cercato. Ho visto accendersi delle scintille. Ho avuto la fortuna di coglierle. Ho provato ad amare la realtà . Tutto mi ha cambiato. sono più felice ora di quando avevo 20 anni. Ho 50 anni. “On the road again” canta, Willie Nelson. “Forever young” è il contorcanto di mr. Zimmerman. Auguri a chi come me è in viaggio. Auguri ai compagni di viaggio, pezzi di me, pezzi di cuore. Auguri.
(Walter Gatti)
Se per caso a qualcuno interessassero i dischi che non potrei mai dimenticare, eccone alcuni
(oggi 2 marzo ho fatto delle aggiunte rispetto alla lista originaria….):
Allman Brothers Band, Fillmore east
Allman Brothers Band, Seven Turns
Lynyrd Skynyrd, Two for the show
Lynyrd Skynyrd, Southern by the grace of God
Outlaws, Bringing all them alive
Molly Hatchet, Double Trouble Live
Little feat, Waiting for Columbus
Little feat, Live from Neon Park
Allgood, Live
Traffic, John Barleycorn must die
Clapton, Just one night
Cream, Wheels of fire
Dylan & The Band, Before the flood
Dylan, Desire
Dylan, The freewheelin
Annie Lennox, Diva
Waterboys, Fisherman’s blues
Led Zeppelin, 1, 2, 3
Deep Purple, Made in Japan
Crosby, Stills, Nash & Young, 4 Way Streets
Neil Young, Zuma
Marshall Tucker Band, Where we all belong
Stevie Ray Vaughan, Live Alive
Pink Floyd, Whish you were here
Pink Floyd, Ummagumma
Colusseum, Live
Daniel Lanois, For the beauty of Wynona
The Highwaymen, The road goes on forever
ZZTOP, Fandango
Jefferson airplane, Volunteers
Jackson Browne, Running on empty
Eagles, Live
John Hiatt, Bring the family
Van Morrison, It’s too late to stop us now
Van Morrison, No guru, no method, no teacher
Van Morrison, Hymns of silence
David Crosby, It’s all coming back to me now
David Crosby, If I could only remember my name
Janis Joplin, Cheap thrills
Janis Joplin, Janis
Lyle Lovett, Joshua Judge Ruth
Quicksilver messenger service, Happy trails
Grateful Dead, Reckoning
The band, Music from big pink
U2, The Joshua tree
U2, Achtung baby
Yes, Tales from topographic ocean
Hothouse flowers, Songs from the rain
Lou Reed, Rock’n’roll animal