Il tempo passa e non sempre uno arriva in tempo, tra lavori, libri qualche nipote e famiglia varia da seguire. Da qualche anno segnalo i dischi da “salvare” dell’anno concluso. A dire il vero è una buona abitudine che negli ultimi due anni avevo perso, ma qui cerco di farmi perdonare, almeno per quanto riguarda il 2024 appena concluso. Ecco ciò che occorre sentire (sono undici titoli……..):
1 – NICK CAVE, WILD GOD
Più di un disco, una luce sul mondo. Mi sono perso la sua tournèe (gravissimo, spero di recuperare), ma il disco è un prodotto di sperimentazione poetica-gospel sanguinante e trascendente che difficilmente potrà essere dimenticato. A partire da Joy….
per proseguire con Conversion e O Wow O WoW. Disco dell’anno!
2 – BLACK CROWES, HAPPINESS BASTARDS
I fratelli sono tornati e sono potentissimi. A partire dal bell’album del ritorno hanno portato anche in Italia il più bel concerto southern in circolazione quest’anno. Nel disco ci sono dei pezzi da novanta, con quell’alternanza tra sano rock, psichedelia e romanticismo: Rats and Clowns e Dirty Cold Sun, Wilted Rose e Kindred Friend a rappresentare le varie anime dei due Robinson. E ora speriamo bene per il futuro!
3 – JJ GREY AND MOFRO, OLUSTEE
Siamo nell’ambito più classico del southern soul. J J Grey ormai non è più una novità: cantante della Florida, nel solco di Jimmy Hall (Wet Willie), ottimo autore e frontman di una band con i fiocchi. The sea e Olustee sono i due confini: emozione e trascinazione. Stupenda la versione di Seminole Wind di John Anderson.
4 – THE CURE, SONGS OF A LOST WORLD
Non pensavo di poter mettere un album di Robert Smith tra i preferiti dell’anno. Almeno non da Kiss me kiss me kiss me e Disintegration. E invece… Alone, Warsong e soprattutto Endsong sono spettacolari. L’alter-ego disperato del disco di Nick Cave.
5 – ROBERT JON AND THE WRECK, RED MOON RISING
Il disco più convincente della band californiana. Vista anche dal vivo (a Chiari) conferma un’attitudine southern e psichedelica matura e tostissima. Hold on e Ballad of a Broken Hearted Man sono già dei classici. E il chitarrista, Henry Schneekluth James, è una star della sei corde.
6 – PHISH, EVOLVE
Trey Anastasio e soci tornano dopo quattro anni e lo fanno in modo piacevole e convincente. Oblivion e Monsters sono forse gli episodi migliori, ma va da sè che uno di ascolta già pensando alla versione live: per dirne una Oblivion (che è in circolazione dal 23) è già pronta ad essere presentata con una durata che supera i 15 minuti….
7 – OLIVER ANTHONY MUSIC, HYMNAL OF A TROUBLED MAN’ MIND
Si potrebbe dire “ci sono migliaia di dischi così”, e invece no. Oliver è un ragazzone della Virginia che sembra uscito dal periodo della grande depressione, una voce che avrebbe fatto la gioia di Steinbeck. Canzoni e salmi, tentativi di sobrietà e isolamento da hillbilly: Doggonit, Rich man’s Gold e Hell on Earth su tutte. Disco grezzo, sincero e potente nella sua assoluta e potente povertà.
8 – DEAD SOUTH – CHAINS AND STAKES
Di grand lunga il miglio disco dei canadesi. Fedele all’ipotesi iniziale questo quartetto canadese rimane ancorato al folk acustico ed al bluegrass, senza perdere il filo: scrittura, scelte produttive, voci, perizia strumentale tutto a servizio di un discorso artistico bello, trascinante e convincente: sentire Your to keep e Completely, sweetly per credere.
9 – WALTER TROUT, BROKEN
Ha voluto fare le cose “in compagnia”, Walter Trout. Ed ha coinvolto Beth Hart e Dee Snider (proprio quello dei Twister Sister) in un disco che mantiene altissima la qualità delle sue uscite da Heaven or Hell è roba forte, grezza e viscerale. Breathe e Courage in the Dark sono subito dietro.
10 – ZACH BRYAN, GREAT AMERICAN BAR SCENE
Nel giro di pochi anni Bryan è diventato un autore da seguire con attenzione. Un po’ Jason Isbell, un po’ Cris Stapleton, disco dopo disco si è costruito un suo spazio importante in un mondo che è folk e country, ma soprattutto è fotografia della minoranza bianca disorientata. Mechanical Bull, 28 e Norther thunder sono gli episodi migliori di questa sua nuova immersione nel mistero dei giovani americani. Mi fa pensare ad uno dei personaggi (John Grady Cole) della Trilogia della frontiera di Cormac McCarthy….
11 – SHANE SMITH AND THE SAINTS, NORTHER
Taxani, giungono al quarto album ed hanno già suonato ai Red Rocks: Shane e compagnia hanno un suono stupendo (epico e ricco di risonanze e delay) e belle canzoni. Questo Norther sembra fatto apposta per il live, con chitarre e violino in potente evidenza come in Adeline e Fields of Heather. Romanticissima chiusura con Wheels, per un disco equlibrato e di gran personalità.