L’han già detto tutti: A Complete Unknown è un bel film. Bisogna vederlo.
Lo dice anche meglio di me il buon Davide Palummo, che infatti ne ha già scritto due giorni fa proprio qui…
Ma perché bisogna vederlo? Perchè Chalamet sembra Dylan? Perché Norton pare proprio Pete Seeger e via discorrendo? E’ chiaro che nel film sono tutti bravissimi e il regista, Mangold, non è nato domani e ci aveva già affascinato con la storia di Johnny Cash e June Carter. Insomma: un film che era quasi una sicurezza. E che infatti non delude.
Personalmente però, al di là di vedere Dylan che abbozza Girl From North Country a casa Seeger o la ricostruzione dei fatti di Newport, quello che mi ha più coinvolto è proprio la ricostruzione di un’epoca, del Greenwich, delle relazioni tra folksinger, della musica che nasceva, di un tempo di fioritura, degli occhiali da sole e delle Triumph. Mi ha portato dentro ad un tempo di nascita.
E soprattutto in questa descrizione mi hanno coinvolto le cose di secondo piano, l’ingresso in scena di Bloomfield e Al Kooper, Dave Van Ronk che dice al giovane Zimmerman dove si trova la clinica di Woody Guthrie, Sonny Terry e Brownie McGhee, Alan Lomax che fa il governatore della musica pura (ed aveva ben diritto di farlo), la scena iniziale con l’angolo del Café Wha, This land is Your Land, la Baez osannata, il Chelsea Hotel, The Dusty Old Dust e i Kinks.
E’ tutto bello, funziona tutto. Ma funziona soprattutto perché il film ti avvolge con il fascino di un tempo ricostruito con amore, con affetto, con passione, più che con puntiglio.
Poi è chiaro che stiamo parlando di un autore inarrivabile, quello che ha scritto Like a Rolling Stone e Blowin in the Wind e Master of War e It Ain’t Me Babe e It’s All Right Ma e It’s All Over Now, e tutto questo aiuta. Ma potrebbero esserci le canzoni senza l’epoca e senza l’epica.
Potrebbero esserci le ballate cantate e suonate bene anzi benissimo, ma senza il senso di un’epoca, senza gli amori e gli smarrimenti di quel tempo preciso. Invece c’è tutto.
E tutto è al suo posto e ci arriva come la vita.
E quindi il film è bello. Molto bello. Perché non manca nulla. Ecco cosa c’è: che non manca quello che deve esserci. Il tutto intorno alle canzoni. Il mondo attorno a Dylan, il personaggio più inafferrabile dell’intera storia.
Più o meno la penso così.
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