FERRETTI: RACCONTO DI LIBERTA’ E DI GENTE D’APPENNINO

Giovanni Lindo Ferretti
Un martedì di novembre, come spesso accade, sono in trasferta a Livorno, ma questa volta torna bene. Mi sbrigo a fare quel che devo, alle 16 stacco e passo a prendere Marcello: è un “rapporto di lavoro” che nel tempo è diventata vera amicizia. Si parte, direzione Firenze, Palagio di Parte Guelfa, salone Brunelleschi. Arriviamo per tempo, troviamo posto; alle 18 Giovanni Lindo Ferretti presenta il suo ultimo libro “Bella gente d’Appennino” uscito e subito acquistato, letto in due giorni. Ora lo sto rileggendo “a fuoco lento”. Da quando ho sentito “Ultime notizie di cronaca” dei PGR, Giovanni è diventato per me una via di mezzo fra un’ossessione e una quotidiana presenza, consolante ed amica. Prima non sapevo chi fosse, in questi ultimi sei mesi ho letto di lui e su di lui tutto quello si poteva leggere, visto tutto quello che c’era da vedere, ascoltato tutto quello che si può ascoltare. Quasi tutto. La sala si riempie, ci saranno circa 150 persone, perlopiù giovani: non volerà una mosca fino alla fine.
Arriva alle 18.15, il ritardo è accademico, si siede e comincia a leggere, dall’ultimo capitolo; “a come Appennino, Alpe”. Quindici minuti poi si arriva ad un punto: “Non saprei cosa dire sulle parole che ho scritto, ciò che posso fare è leggerle per voi, colmando con l’intonazione della lettura la mia scarsa confidenza con punti e virgole, che metto sempre un po’ a caso. Ora vi leggerò il capitolo che riguarda un mio lontano parente, Ezio Comparoni: mi commuove sempre la sua vicenda, non poteva mancare in questo che è un libro molto personale”. Ricomincia a leggere, e capisci cosa vuol dire “risuona la parola, detona, rimbomba in me, cassa armonica” (Cronaca montana). Altri venti minuti in cui il racconto si snoda, e sembra quasi di essere lì, fra Cerreto e Reggio Emilia, a patire e un po’ a gioire assieme ai protagonisti della vicenda.
In conclusione qualche parola sul perché e percome di questo libro, nato per “saldare un debito verso Mondadori”, scritto negli ultimi mesi scoprendo la possibilità di un metodo di lavoro nuovo ed inaspettato, dettato dalle circostanze che costringono il nostro ad accudire a tempo pieno l’anziana madre, una costrizione che diventa una benedizione: “certo le circostanze non sono favorevoli, e quando mai, bisognerebbe… bisognerebbe niente: bisogna quello che è, bisogna il presente”. Una divertente battuta sulla foto di copertina. Poi un ultimo affondo: “ho scoperto che la libertà è cosa diversa da quello che pensavo quando ero giovane, essere libero da qualsiasi vincolo: d’altronde io non ho scelto nemmeno di nascere, e neanche nessuno di voi… e tutto sommato era una cosa che intimamente sapevo anche quando avevo la cresta, in una canzone ho pur scritto “ la libertà è una forma di disciplina…”.
Saluti, copie autografate, due parole scambiate, i saluti da portare alla mamma: la mia personale convinzione di tornare a Cerreto, per parlare di alcune grandi cose di cui entrambi siamo certi e che ci stanno a cuore.

Sandro Corradi

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