Sta per concludersi questo 2015 che ricorderemo soprattutto perché vi ricorrono i 50 anni di un anno ben più importante nella storia moderna. Il 1965 è stato veramente un anno eccezionale soprattutto nella musica contemporanea: E’ l’anno di A love Supreme di John Coltrane, di Help! dei Beatles, di Mr. Tambourine Man dei Byrds, di Highway 61 Rivisited di Bob Dylan, di In the Midnight Hours di Wilson Pickett, di Satisfaction dei Rolling Stones, di My Generation dei Who: potrei andare ancora avanti e saremmo tutti concordi nel definire il 1965 veramente straordinario. Ma se volessimo, in un estremo tentativo di sintesi, nominare due soli eventi come rappresentativi di quell’anno dovremmo andare agli opposti lati dell’oceano e scoprire, in due luoghi particolarmente fecondi, che proprio allora si costituirono due delle più importanti band di tutti i tempi. Entrambe nate sulla scia del movimento psichedelico, annebbiate da uno strampalato uso di droghe, costituite da visionari oltre che da eccellenti musicisti riuscirono per trent’anni, esattamente dal 1965 al 1995, a tracciare un solco indelebile per la musica contemporanea, solco che ha attratto, affascinato e guidato molte generazioni di musicisti.
Nella costa occidentale degli Stati Uniti, a San Francisco in quell’anno si costituirono i Grateful Dead, universalmente riconosciuta come la più trascinante band pop-rock di tutti i tempi. I Grateful Dead, nati durante l’apice del movimento hippy, raccolsero spunti da tutta la cultura musicale americana e risultarono subito una band fuori dalla norma. Gli elementi di eccezionalità erano tanti ma il fatto che volevano creare dal vivo delle esperienze collettive guidate da performance musicali li rese unici e soprattutto precursori di un modo di fare musica che nel seguito ha ispirato tutta una serie di jam band. Giocarono un ruolo importante nel grande successo dei Grateful Dead il contesto socio-politico americano di quegli anni, la particolare attitudine musicale dei componenti la band e la guida de facto di Jerry Garcia, musicista e personaggio a dir poco eclettico. I Dead costruirono un sound ineguagliabile e riconoscibile, non facilmente classificabile anche se da moltissimi loro brani emergono sentori di bluegrass, country, blues e jazz: diventarono presto una cult band con un seguito unico nei trent’anni della loro lunga carriera costellata di migliaia di concerti ed altrettante registrazioni; durante la loro carriera ebbero sicuramente molti estimatori ma anche moltissimi detrattori visto il loro netto posizionamento politico che li vide fieri oppositori di tutti i regimi, soprattutto quelli che in quegli anni portarono alle disastrose guerre sul versante asiatico. A cinquant’anni di distanza però il messaggio dei Grateful Dead è chiaro e limpido, la lezione che sono riusciti a dare è stata fondamentale per far crescere la musica pop-rock e far nascere centinaia di band; alcuni dei loro album, nonostante tutti riconoscano che il meglio lo davano dal vivo in un esperienza non solo sonora, sono ancora oggi delle pietre miliari per chi voglia capire quel periodo e godere delle magnifiche canzoni create da un gruppo di musicisti eccezionali come Jerry Garcia, Phil Lash e Bob Weir solo per citare i più importanti che hanno partecipato all’avventura Grateful Dead. Da ascoltare e riascoltare quindi The Grateful Dead (1967), Live/Dead (1969) e Workingman’s Dead (1970).
Nel vecchio continente, invece, in Gran Bretagna proprio in quell’anno un gruppo di ragazzi che da tempo si frequentava nella cittadina universitaria di Cambridge costituirono i Pink Floyd. In quell’epoca già i Rolling Stones erano un punto di riferimento per tutti i ragazzi che volevano fare musica puntando un occhio al rock’n’roll e al blues americani e l’altro alla tradizione folk inglese: quando, per varie ragioni, questi ragazzi si trasferirono a Londra trovarono il contesto giusto per trasformare l’hobby domenicale di far musica in garage e scantinati in una vera e propria passione e quindi un lavoro. Infilarono una serie infinita di successi nonostante i primi anni vennero funestati dall’abbandono di Syd Barrett devastato dalla sua fragilità psichica aggravata da un uso folle di droghe, e diventarono una band di riferimento con un suono inconfondibile, curato maniacalmente, testi poetici ed una capacità scenica eccezionale. Barrett rimarrà sempre nel cuore della band e, nonostante venne sostituito da un personaggio caratterialmente agli antipodi come Gilmore, sarà ispiratore implicito o esplicito di tutti i grandi successi della band. La storia dei Pink Floyd vivrà tre fondamentali epoche: la prima psichedelica trainata dalla creatività vulcanica di Syd Barrett, definì un sound assolutamente innovativo sulla scia della brit revolution; la seconda maggiormente di ricerca, tendente alla perfezione del suono, della scena e delle storie da raccontare in una continua contrapposizione delle due forti personalità di David Gilmore e Roger Waters; la terza tendenzialmente lirica vedrà la parabola discendente della band dopo il progetto del Muro. A parer mio nella seconda delle succitate fasi musicali dei Pink Floyd nacquero tre capolavori assoluti che tutti devono conoscere per poter capire la musica pop-rock; si tratta di The Dark side of the Moon (1973), Wish you were here (1975) e The Wall (1979).
Davide Palummo, dicembre 2015