Se uno deve rappacificarsi con la musica deve ascoltare Between daylight and dark di Mary Gauthier (www.marygauthier.com). Sono sincero (e non me ne vogliano i differenti fans), ma il nuovo Springsteen non mi esalta (ci torno su in questi giorni), il nuovo della mia adorata Lennox non mi è ancora “entrato”, mentre invece il quinto lavoro della maledetta Mary è … totale.
La definizione “maledetto” è stata usata a proposito e sproposito per tanta di quella gente che fa pure ridere. Per Mary la definizione non è casuale. Nata a New Orleans, abbandonata dalla madre, cresciuta in strada, abituale frequentatrice di carceri, centri di disintossicazione ed alcoolisti anonimi, la Gauthier (che è pure cattolica e dichiaratemente omosessulae) non è roba-finta. Sembra uscita da una delle visioni thriller del mio amico James Lee Burke (già che ci siete: http://jamesleeburke.wordpress.com).
Il suo precedente Mercy now era un disco da 9, con due pezzi eterni come I drink e Prayer without words. Ora, con Between daylight and dark, si è superata: secondo me siamo al 10.
Per chi non l’avesse mai sentita si immagini il Joe Ely di Twistin in the wind con la visionarietà cruda e aspra della scrittura di Flannery O’Connor. Le sue Snakebit, Thanksgivin, Before you leave, sono visioni di vita autentica, letture femminili di istanti in cui l’ora e il sempre portano un fardello di umanità invincibile, tra bambini che piangono, amanti interdetti, felicità inattese e domande sospese. Can’t find the way è una dolente e indimenticabile visione della distruzione di New Orleans, la “sua Orleans” da parte dell’uragano Katrina, un inno, un lamento, un compianto dagli echi religiosi e pagani. Niente a che vedere con il resto che c’è su piazza. Grazie Mary, anche Joseph Roth e il suo Santo bevitore ti stanno apprezzando nel cielo dei looser.
Ultima annotazione: la produzione è di Joe Henry (a cui va pure il merito di quel capolavoro che era Dont’ give up on me di Solomon Burke). Complimenti pure a lui.
Walter Gatti