Che band fantastica erano gli Hothouse flowers. Al loro esordio, 1988 con People, sembrava che il mondo – per lo meno il mio mondo – non potesse più fare a meno di vivere con loro. Al secondo disco, Home (1990), l’ipotesi di una vita senza le canzoni di Liam O’Maonlai e di Fiachna O’ Braonà in era semplicemente devastante. Al terzo disco, Songs from the rain (1993) pensavo che Van Morrison avesse ormai trovato forever and ever il suo discendente doc, perché questi ragazzi dublinesi miscelavano le stesse componenti del rosso di Belfast: folk celtico, gospel, rock’n’roll, soul e pure spruzzate di elettronica. Ascoltare il crescendo gospel di Good for you è una panacea ad ogni male, lentamente trascinante nel vortice della pace di quella semplice frase “continua a tenere i tuoi occhi innamorati su di me“. Il soul-gospel di questi dublinesi esplode nei titoli migliori, da This is it (in your soul) a One tongue, da Thing of beauty a Stand beside me. Una canzone sola rapresentativa di tutto il lavoro? Difficilissimo, ma dovendo provarci potrei buttare lì quell’emozionante gospel-rock che è Isn’t amazing, dove:
“Ogni pianto è una canzone, ed ogni canzone è una preghiera,
e tutte le nostre preghiere saranno ascoltate, e riempiranno l’atmosfera”
Dopo Songs from the rain la band è restata oltre un anno in tournée. Gli annali dicono “oltre duecento date”. Finito il tour Liam ha sciolto la band per limite oltrepassato da stress psicofisico. Erano tutti sull’orlo dell’infarto o della schizofrenia. Meglio fermarsi prima di fare la fine di Brian Wilson, nei mesi di Smile. Liam and Fiachna sono tornati in circolazione qualche anno dopo, lontano dai riflettori estremi degli anni ’90. Into your heart, il disco di fine 2004, non è male, ma soprattutto Steve Wickam mi ha detto (quando l’ho intervistato) che Liam sta molto bene. Quando lo risento sono convinto che Songs from the rain è fantastico. Van Morrison approverebbe.
Walter Gatti