Best 2016: True Sadness

Eccomi ancora una volta a dover confessare qual’è stato il miglior album dell’anno appena conclusosi, con un processo di scelta che, per quanto mi riguarda, si basa più sugli aspetti emotivi che su quelli oggettivamente qualitativi. In parole povere la scelta cade su quell’album che ho ascoltato maggiormente e più volentieri. In questo caso, si tratta di True Sadness degli Avett Brothers.

cover True Sadness

I fratelli della North Carolina (USA), nonostante abbiano entrambi meno di quarant’anni, hanno esperienza da vendere visto che cantano ed imbracciano chitarra e banjo da quando sono bambini e, prima dell’attuale formazione, hanno suonato separatamente ed ottenuto discreti risultati. Dal 2000 si presentano come The Avett Brothers ma spiccano il volo solo quando vengono assoldati nel 2008 da una major e Rick Rubin (uno dei più importanti produttori degli ultimi 20 anni) inizia a seguire i loro lavori: le sonorità risultano più mature così come le liriche, sempre nell’alveo del folk-country con ovvie ed evidenti contaminazioni pop-rock; contemporaneamente iniziano ad uscire dal limitato contesto locale e suonano in moltissimi stati dell’unione e si fanno conoscere anche in Europa. L’ascolto di questo True Sadness mi ha spinto a curiosare anche nelle loro precedenti produzioni trovando delle ottime canzoni soprattutto in The Carpenter del 2012 e in I and Love and You del 2009 ma convincendomi anche che l’attuale è il migliore dei loro lavori. Si tratta di un album di 12 canzoni costruite attorno alla voce dei due fratelli Scott e Seth, alla classica sonorità folk creata in primo piano da chitarra e banjo con arrangiamenti molto curati che evidenziano anche l’eccellente lavoro di Bob Crawford al basso e di Joe Kwon al violoncello, i due fedelissimi compagni dei fratelli da molti anni. L’elaborazione di questo album è stata lunga sia per la cura che i fratelli hanno voluto riservare alle varie canzoni sia per le pause dovute a questioni personali del gruppo – famiglia allargata come la definiscono gli stessi fratelli. Come raccontato da Seth al lancio del disco “True Sadness è un patchwork, sia tematicamente che stilisticamente; abbiamo cucito assieme il rosso più audace ed il verde più calmo, denim e velluto; abbiamo messo assieme il meglio di tutti noi.” E’ proprio questa l’impressione dopo molti ascolti: i musicisti hanno un’enorme intesa, capacità musicali e compositive di ottimo livello; essersi affidati a Rubin per gli aspetti tecnici ha, inoltre, permesso di valorizzare il lato acustico del suono senza penalizzare l’orchestrazione che conducono ad un risultato molto piacevole.

Credo valga la pena segnalare almeno un paio di canzoni del disco ma consigliarlo nella sua interezza. Ain’t No Man è il pezzo d’apertura, ha un ritmo incalzante e soprattutto ci racconta del coraggio necessario nell’essere adulti perché, come recita la canzone, “non c’è uomo che ti possa salvare ma neppure uomo che ti possa rendere schiavo”. No Hard Feelings è forse il pezzo che preferisco: intimo, ben suonato e cantato, liriche di grande impatto che ben esprimono i sentimenti di Seth, uscito recentemente da una dolorosa separazione, che deve arrivare alla conclusione sintetizzata in “nessun rancore” dopo aver elaborato il senso di morte e di preparazione alla fine che ogni trauma induce. Credo che il messaggio finale del disco, comunque positivo e solare nonostante il titolo, sia, in qualche modo, sintetizzato dalla copertina dove due astronauti si trovano a doversi muovere nel mondo con un cavallo: bisogna farcela comunque, qualunque siano i mezzi che la sorte ci mette a disposizione.

Davide Palummo, Gennaio 2017

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