Un altro anno è terminato e come di consueto riguardo indietro alla musica che ho ascoltato ed ai molti buoni CD editi in quest’ultimo periodo per sceglierne uno come il migliore. Fino a qualche tempo fa ero combattuto tra due dischi che mi sono piaciuti particolarmente e che rappresentano delle conferme non solo di grandi artisti in generale ma anche di miei beniamini: si tratta di The Big Bad Blues di Billy Gibbons e Down The Road Wherever di Mark Knopfler. Molto diversi tra loro (ruvido blues texano il primo, sofisticato medley di folk e rock il secondo) sono comunque due lavori godibilissimi che ho ascoltato e riascoltato mille volte. Ma i primi di dicembre è uscito The Prophet Speaks di Van Morrison che ha mandato all’aria tutte le mie considerazioni e si è immediatamente posizionato al primo posto nei miei ascolti. Van Morrison è sicuramente uno dei musicisti che preferisco in assoluto e che seguo ormai da moltissimi anni; recentemente sta stupendo tutti con una produzione intensa – solo negli ultimi due anni ha infatti pubblicato 4 CD (Roll With The Punches e Versatile nel 2017 e You’re Driving Me Crazy e The Prophet Speaks nel 2018) – e di alta qualità anche basata su rivisitazione di suoi vecchi brani, interpretazioni di cover, collaborazioni importanti come quella con Joey DeFrancesco che caratterizza gli ultimi due lavori. Morrison è in un particolare periodo felice nel quale fa solo quello che gli piace fare (così ha confessato in recenti interviste), si è riavvicinato alle sonorità degli anni 70/80 sempre con profonde influenze blues e soul. La sua voce non sembra abbia ceduto di un millimetro negli anni così come la sua voglia di divertirsi e fare concerti: è uno dei musicisti più richiesti al mondo tanto da avere in programma per il 2019 una decina di date al famosissimo Colosseum del Caesars Palace di Las Vegas. Credo che Van Morrison sia conscio della sua statura tanto da ricordarci che ci parla come un profeta in questo ultimo disco, il 40-esimo dopo quel magnifico Blowin’ Your Mind! del 1967 che già conteneva alcuni capolavori, come Brown Eyed Girl, poi ripresi centinaia di volte da vivo ed in altri dischi. The Prophet Speaks è composto da 14 brani, circa 70 minuti di musica, suonato (e co-prodotto) con il polistrumentista Joey DeFrancesco ed il medesimo gruppo del precedente You’re Driving Me Crazy. 6 brani sono scritti dallo stesso Van Morrison gli altri sono cover, più o meno conosciute, di grandi del passato come John Lee Hooker, Sam Cooke, Solomon Burke, Willie Dixon. Le sonorità sono molto soft caratterizzate da ottoni ed organo oltre, ovviamente, dalla ineguagliabile voce di Morrison che si permette, come spesso nel passato, gorgheggi e urletti. Van the Man, con questo disco, ritorna in qualche modo alle origini e mescola sapientemente jazz, blues e soul: non si ripete però pedissequamente ma riesce, ancora una volta, a creare qualcosa di unico ed inimitabile anche se segnato indelebilmente dal suo marchio di fabbrica: un sound sofisticato da club basato su un’architettura classica dove svetta la voce del leader con sottofondo di organo o piano, spesso di fiati ed una delicata sezione ritmica tipicamente jazz. Il disco si apre con Gonna Send You Back To Where I Got You From del grande sassofonista texano Eddie Vinson, ritmato pezzo R&B con sottofondo di organo e tromba. Segue un grande classico di John Lee Hooker come Dimples già interpretato da moltissimi (Spencer Davies Group, Animals, Allman Brothers Band tra i tanti) e qui valorizzato dalla voce di Van e dall’organo di DeFrancesco. Alla terza traccia arriva il primo pezzo di Van Morrison e si riconosce immediatamente dall’attacco degli ottoni e dalla verve della sua grande voce: si tratta di Got To Go Where The Love Is.
Attacca con una chitarra molto soft il quarto brano scritto da Sam Cooke, Laughin and Clownin, un classico blues chicaghiano strascicato con bassi gestiti dall’organo ed alti dagli ottoni. Si torna ad un pezzo di Van Morrison con 5 AM Greenwich Mean Time, anche questo subito riconoscibile dall’attacco vocale del nostro. E’ invece di Solomon Burke il successivo Gotta Get You Off My Mind, lento R&B arricchito anche dalla voce della figlia Shana in sottofondo. Si torna ad un pezzo degli anni 20 con Teardrops di JD Harris, lento blues minimalista con voce e piano che conducono la canzone per ben 6 minuti. La famosissima I Love The Life I Live di Willie Dixon viene interpretata da vero crooner da Van Morrison con il perfetto accompagnamento dell’organo di DeFrancesco. Ancora di JD Harris è la seguente Worried Blues/Rollin and Tumblin ma alla decima traccia torna un pezzo di Van, Ain’t Gonna Man No More, tipica ballata basata sulle mille sfumature della voce del nostro, organo e chitarra jazz. Di un altro sassofonista americano, Gene Barge, è la successiva Love is A Five Letter Word, ancora una classica canzone jazz/blues. Gli ultimi tre pezzi del disco sono tutti di Van Morrison a partire da Love Is Hard Work che si apre con l’armonica e prosegue con il solito alternarsi di voce ed organo; Spirit Will Provide è una classica canzone del nostro dove la voce è magnificamente calibrata; chiude il disco The Prophet Speaks dove Van Morrison ci racconta la sua verità:
Quando il profeta parla, nessuno ascolta
Quando il profeta parla, per lo più nessuno lo sente
Davide Palummo, Gennaio 2019