In questi ultimi dieci giorni sono andato a sentire Derek Trucks (da solo), poi sono andato a vedere la Tosca di Puccini (con moglie e figlie più grandi) e ho concluso il trittico all’auditorium del conservatorio di Padova (con moglie e caro amico Ferrux), dove si esibiva Carla Bley con una band stellare (Paolo Fresu, Steve Swallow, Tim Drummond e sua maestà Andy Shepard). E’ stato un trittico di serate che mi ha fatto felice: generi diversi, personaggi e linguaggi opposti. Derek è il “mio mondoâ€, bluesato e jammissimo; la Tosca è melodrammone verista, tutto sentimento e fisicità ; la Bley (nella foto) è jazz aristocratico, raffinatissimo, ambiguamente coesistente tra partitura e improvvisazione. Ho goduto come un fanciullo (anche se mia moglie e Ferrux si sono addormentati dalla Bley) nella triplice immersione sonora, come passare da un bagno turco alla piscina al rotolamento finlandese nella neve fresca. Ne esci in due modi: o ti viene un infarto o ne riemergi con i sensi particolarmente “accesiâ€. Sono uscito dal mio trittico – al di là dei gusti – con alcune percezioni. La prima è che non si vive senza musica (ovvio, vabbé). La seconda è che la “sete di incontri†in musica è un bell’aspetto della “sete umana†che ognuno ha: se hai sete, bevi, bevi, bevi. La terza che la varietà aiuta la sensibilità , l’eclettismo arricchisce il senso critico. Dopodiché mi son anche detto (stanotte, pensando alle tre serate del trittico, ma anche a ciò che sto ascoltando in questi tempi, Mary Gauthier, Jack Pearson, Annie Lennox, Ry Cooder, Roger Waters….): ogni artista e ogni prodotto musicale aiuta a sviluppare una certa coscienza nell’ascoltatore: c’è musica che aiuta a dimenticare il mondo; c’è musica che costruisce un altro mondo; c’è musica che entra nelle fibre del mondo; c’è musica conforta nell’affrontare il mondo e c’è musica che esprime il mondo. E non datemi del difficile….
Walter GattiÂ
