Solomon Burke ha ormai 67 anni, visto che all’anagrafe di Philadelphia risulta nato il 21 marzo del 1940. Predicatore, cantante di gospel, padre di 21 (esatto: ventuno) figli, autore di Everybody need somebody, in pista dal 1960, Solomon – the bishop of rock’n’soul: http://www.thekingsolomonburke.com/ – ha firmato nel 2002 uno dei più bei dischi della storia della musica del dopoguerra: Don’t give up on me. Undici canzoni al servizio di una voce che passa dal velluto del crooner al rantolo del blues, dalla suadenza soul alla poesia delle ballads. Solomon non ha eguali, anche perché il soul non ha più “autentici” cantori, ma le canzoni che qui sono a sua disposizione sono di qualità eccelsa: Don’t give up on my, Fast train, Flesh and Blood, The other side of the coin e l’incredibile None of us are free. I testi parlano, eccome se parlano, di vite senza centro, di velocità immotivata nell’esistenza, per arrivare alla versione di None of us are free (un pezzo di Brenda Russel): “It’s a simple truth we all need, just to hear and to see/None of us are free, one of us is chained/ None of us are free/now I swear your salvation isn’t too hard too find/ None of us can find it on our own/ We’ve got to join together in spirit, heart and mind/ So that every soul who’s suffering will know they’re not alone/If you just look around you/ your gonna see what I say/ Cause the world is getting smaller each passing day/Now it’s time to start making changes/ and it’s time for us all to realize/that the truth is shining real bright right before our eyes”. Già , “la verità splende proprio davanti ai nostri occhi”. Il disco ha una eccezionale produzione di Joe Henry e una serie di bei musicisti (tra cui le partecipazioni del raffinatissimo Daniel Lanoise e dei Blind Boys of Alabama). Da non dimenticare….
Walter GattiÂ