“Southland non è un album di canzoni, o almeno non è semplicemente un album di canzoni. E’ un progetto esistenziale, un desiderio infine realizzato.” Queste le parole di Michele Gazich presenti nel booklet del summenzionato lavoro di Walter Gatti: le ho rubate perché non avrei saputo iniziare meglio questa recensione e, in modo sintetico, dare il senso di questo lavoro. Nonostante conosca bene Walter, le sue passioni musicali ed i principi che lo guidano nella vita, avrei fatto un giro di parole per dire quello che Gazich ha saputo esprimere benissimo in poche righe. Southland è quindi il risultato di una profonda passione per la musica sudista americana, ibrido impasto di blues, rock, folk e soul; di persone care che hanno saputo nel tempo sostenere le idee, magari un po’ pazze, dell’autore; di preziose amicizie musicali che hanno supportato la genesi e la realizzazione di questo lavoro impreziosendolo; di molti viaggi negli stati del sud degli USA durante i quali sono state assorbite sonorità, profumi e colori che ritroviamo nel disco. Ma di cosa si tratta nel dettaglio? Semplicemente di un CD di 10 canzoni, prodotto dallo stesso Gatti assieme a Michele Gazich e Paolo Costola. Le 10 canzoni, che parlano della vita, dell’amore, di incontri e scelte, provengono dalla penna di Gatti con l’aggiunta di 2 cover. Al disco hanno dato il supporto musicale il succitato Michele Gazich, Massimo Priviero, Chris Hicks, Greg Koch e Greg Martin oltre, ovviamente, al gruppo di base di musicisti che accompagnano Gatti (Costola, Gaffurini, Mancini, Pavesi, Zago). Chi bazzica la musica rock, folk, blues credo conosca bene i succitati musicisti ma penso sia corretto tributare loro l’onore di una breve presentazione e soprattutto rimarcare che non è da tutti avere tali partner. Michele Gazich è un colto musicista bresciano che da anni calca la scena musicale internazionale dove ha perfezionato importanti collaborazioni (tra queste quelle con Michelle Shocked, Mary Gauthier, Eric Andersen e Mark Olson) e progetti dai quali emergono preziose canzoni e sonorità basate su una grande capacità di storytelling e d’uso del violino. Massimo Priviero è un cantautore veneto, uno dei pochi genuini rocker italiani che dalla fine degli anni 80, con nel cuore e nelle orecchie le canzoni di Dylan e del Boss, ha realizzato intensi lavori carichi di poetica. Chris Hicks è un chitarrista georgiano che ha suonato con tutte le mitiche band di rock sudista, dalla Marshall Tucker Band ai Lynyrd Skynyrd e perfino con Gregg Allman. Greg Koch è un talentuoso chitarrista del Wisconsin noto per le acrobazie sonore con la sua Fender. Greg Martin è un altro campione americano delle 6 corde, notissimo per il country blues del suo gruppo The Kentucky HeadHunters. Sicuramente questi collaboratori hanno portato un enorme valore a Southland che però basa il suo successo sulla qualità delle composizioni e sulla passione che emerge da ogni nota e parola. Il CD si apre con il pezzo che gli dà il titolo nel quale l’acustica di Walter ed il violino di Michele si intrecciano per costruire la base ad una sorta di preghiera. Segue All Along the Watchtower di Bob Dylan: difficile confrontarsi con questo pezzo, poetico e biblico che però con il violino di Gazich riacquista le sonorità a cui Dylan ci abituò soprattutto in Desire con l’aiuto di Scarlet Rivera. Raffiche di vento con la voce di Priviero ed il magnifico contributo di Hicks è il pezzo più rock. Si torna su arie meditative con Your Town dove la storia della città come luogo virtuale elettivo è accarezzata dalle note della chitarra di Martin. Lifelong Blues ha la struttura classica del blues e di nuovo Martin e Gazich sono la colonna portante delle liriche. Take me as I am è una ballata lenta e meditativa dove la viola di Gazich e la corista supportano benissimo il racconto. Con The Joker arriva la seconda cover, tributo alla Steve Miller Band che nel 1973 svettò nelle classifiche di tutto il mondo. Gloomy Witness ci riporta a sonorità dylaniane anche se è tutta farina del sacco di Gatti: i contributi della chitarra di Koch e del violino di Gazich sono magnifici così come delle backing vocals che contribuiscono a costruire il pezzo forse più bello del CD. In my boots è più veloce e al fianco della chitarra di Martin compare l’hammond di Gaffurini. Il CD si chiude con Dove sei, canzone minimalista dove le voci di Gatti e Gazich si alternano nella bella recita poetica accarezzata anche dal coro e dalla viola. Credo valga la pena sottolineare la qualità della registrazione e del mixaggio effettuati presso i MacWave Studios di Costola. Questo CD ci fa riflettere su bellissime parole, ci scalda nella passione per le sonorità blues, ci intriga per i sofisticati camei degli ospiti stranieri, ci prende per mano con la voce di Walter ed il violino di Michele, ci riporta al passato con un paio di reinterpretazione di notissime canzoni. In sintesi ritengo questo “progetto esistenziale” di Walter Gatti un’ottima opera prima e speriamo non ultima, come lui stesso ha avuto modo di dichiarare recentemente in un’intervista, un disco al quale perdoniamo qualche “errore di gioventù”, da ascoltare e riascoltare condividendo la passione per la vita e la musica del suo autore.
Davide Palummo, Novembre 2016
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