Eccoci ancora una volta a fare il bilancio musicale dell’anno passato ma soprattutto a nominare il migliore disco. Operazione delicata in quanto scegliere un disco, non limitarsi a fare una lista, vuol dire escludere e far rimanere un solo lavoro in testa a tutti con una decisione assolutamente personale e quindi insindacabile. Con il rischio di ripetermi devo confessare che a parer mio l’nno appena passato probabilmente sarà ricordato più per le gravissime perdite che per la qualità dei dischi pubblicati. Sul primo fronte continua infatti l’ecatombe di musicisti (Paco de Lucia, Tommy Ramone, Joe Cocker solo per citarne alcuni) alla quale non riesco proprio ad abituarmi anche se dovrei: se infatti la nostra grande musica ha visto i suoi campioni apparire sulla scena negli anni ’60, inevitabilmente quelli che sono sopravvissuti a eccessi di droghe e incidenti vari stanno arrivando ad una più o meno serena vecchiaia. Sul secondo fronte, cioè quello della pubblicazione di dischi, a mio avviso oramai da anni la qualità delle vere novità è molto bassa e solo la voce dei superstiti campioni di cui sopra rappresenta un positivo spiraglio. Devo ammettere che qualcosa di buono l’ho ascoltato nel 2014 e qui mi permetto di sciorinare una lista di cose più che decenti a partire da Croz di David Crosby, Angels di Jono Manson, The Blues Come Calling di Walter Trout, Going Home di Kenny Wayne Shepperd e pochi altri. Ma non voglio sottrarmi al gioco del “miglior disco” e quindi, anche se a fatica, ho selezionato un eccellente lavoro che unisce molte caratteristiche di mio gradimento: è un tributo ad un grandissimo personaggio (JJ Cale), un progetto di un “vecchio calzino” (Eric Clapton) e ospita notevoli chitarristi, tutti in un modo o nell’altro legati a Cale (Mark Knopfler, Tom Petty, Derek Trucks, Albert Lee e altri). Si tratta, come avrete già ovviamente capito, di The Breeze, An Appreciation of JJ Cale appunto di Eric Clapton and Friends.
Purtroppo proprio la prematura dipartita di JJ Cale a soli 74 anni ha ispirato questo lavoro a Eric Clapton, suo devoto amico ed eterno debitore anche solo riferendoci ai due capolavori che nel 1970 (After Midnight) e nel 1977 (Cocaine) gli hanno permesso il raggiungimento di un successo planetario, immensi, eterni e ineguagliabili traguardi della musica. Lo stile e la classe di JJ Cale, che non è mai diventato famosissimo se non tra gli addetti ai lavori, ha influenzato centinaia di chitarristi; il Tulsa sound, delicato e virtuoso mix di vari generi, quella “brezza” di sofisticate note è riconoscibile in moltissimi artisti ma certo in Eric Clapton e Mark Knopfler vede i due maggiori fedeli seguaci. The Breeze è quindi un atto d’amore nei confronti dell’amico scomparso che ci permette di riascoltare, in un nuovo arrangiamento, 16 notissime canzoni del grande chitarrista di Oklahoma City a partire proprio da Call Me The Breeze che nel 1971 aveva dato avvio alla carriera del nostro con l’album di debutto Naturally. Dal medesimo primo disco provengono anche Magnolia e Crying Eyes, pezzi suggestivi quanto “naturalmente” riconoscibili. Cajun Moon, invece, proviene dal terzo memorabile disco del 1974, Okie, è frizzante e veloce. Dallo stesso album The Old Man and Me, ma in slow time tipicamente alla JJ, cantato magnificamente da Tom Petty. I pezzi dove emerge la voce ed il tocco magico di Mark Knopfler, Someday e Train to Nowhere, sono magnifiche ballate dove si capisce a fondo quale sia stata l’influenza prima e l’eredità dopo del nostro Jean Jacques, a questo corrisponde l’acroniomo JJ. Si rallenta il tempo in Magnolia dove emerge la bella voce di John Mayer oltre alla sua chitarra. Quando arriva Willie Nelson è il momento delle lacrime in Starbound e della nostalgia in Songbird, country ballad. Grande disco, grandi musicisti, grandissimo JJ che rimarrà sempre nei nostri cuori.
Davide Palummo, gennaio 2015