Sul palco del Festival del Jazz della Spezia sono saliti negli ultimi 40 anni i più importanti nomi internazionali del Jazz come Max Roach, Ron Carter, Herbie Hancock, Michel Petrucciani, Richard Galliano e moltissimi altri.
L’edizione di quest’anno, la 42esima che fa di questo Festival il più vecchio d’Italia – a dimostrazione del grande amore di questa città per il jazz e della sua capacità organizzativa, ha visto la presenza di tre nomi leggendari: Chick Corea, Miroslav Vitous e Roy Haynes. Il palco è stato allestito in Piazza del Bastione, nel cuore del centro cittadino, creando un’atmosfera veramente eccitante nonostante, forse proprio grazie a, qualche rotolamento di bottiglie, l’abbaiare di un cane ed il vociare di alcune persone sedute ai bar della piazza; atmosfera assolutamente non paragonabile a quella dei blasonati club di Milano dove proprio recentemente ho avuto il piacere di vedere Corea, con un trio altrettanto di valore (Stanley Clarke e Lenny White) ma che non è riuscito a rendere ad esprimersi al meglio nell’ambiente ovattato e nei tempi cronometrici imposti.
La piazza ha iniziato a vivere il concerto già nel pomeriggio quando i tre musicisti si sono succeduti sul palco per provare gli strumenti e concedersi a qualche foto; alle 21.00 ha iniziato a riempirsi fino all’arrivo dei tre in leggero ritardo ma applauditissimi dai circa 1000 presenti. Matteo Piazza, organizzatore del Festival, nel presentare il trio ha raccontato del privilegio di averli sul palco a La Spezia in una delle poche date dopo Ischia e prima di Parigi e Tel Aviv per goderci di questa re-union che ha dell’incredibile. I tre infatti si sono trovati per la prima volta nel 1968 per la registrazione del famosissimo “Now He Sings, Now He Sobsâ€; di nuovo assieme poi soltanto nel 1982 per “Trio Music†e nel 1987 per “Live in Europeâ€.
Now He Sings, Now He Sobs, registrato a New York in un paio di giorni, rimane però un capolavoro assoluto dove vengono poste le basi del trio jazz che riesce ad espandere le proprie sonorità oltre a quelle strettamente espresse dai tre strumenti. Con questo lavoro Corea si impone come uno dei nuovi grandi del jazz supportato da Vitous, giovanissimo e talentuoso bassista cecoslovacco, e dal geniale Haynes, molto più anziano dei due, con alle spalle già un’esperienza e collaborazioni formidabili.
Proprio questo lavoro è ispiratore della serata durante la quale vengono presentati alcuni dei 5 pezzi che erano comparsi sulla prima registrazione – che, come ricorda lo stesso Corea, era limitata dalla durata del supporto in vinile – ed alcuni altri rimasti nel cassetto e poi editi sulla versione in CD di qualche anno dopo (dove sono contenuti invece 13 pezzi). Tra questi viene presentato per la prima volta dal vivo “I don’t know†dopo il classico “My One and Only Love†e “Pannonica†di Thelonious Monk: vista l’eccezionalità della serata la speranza è quella di vedere alle stampe un disco live “recorded in La Speziaâ€.
I tre sono particolarmente ispirati: Corea gioviale, si aggira sul palco quando non suona il piano, applaude gli assolo di Vitous e quelli di Haynes; suona concentrato in modo inappuntabile facendo spesso emergere timbri ispanici ma anche classici. Vitous, che sale sul palco aiutato da una stampella e suona per tutto il concerto seduto, è un vero fuoriclasse del contrabbasso che spesso suona con l’archetto e riesce in modo formidabile ad estendere le sonorità del piano, a supportarle, contribuendo alla generazione di melodie eccezionali. Haynes, 85 anni compiuti ma un’energia incredibile, a volte fa scomparire la presenza della batteria sebbene fondamentale alla costruzione del ritmo altre fa emergere sonorità possenti con un modo di suonare assolutamente originale supportato da una tecnica impeccabile.
Chick Corea è uno dei grandi protagonisti della scena jazz. Non ancora trentenne lavora con personaggi del calibro di Blue Mitchell, Herbie Mann, Dizzy Gillespie fino all’incontro memorabile con Miroslav Vitous e Roy Haynes che porta alla registrazione del succitato lavoro. Fondamentale l’incontro con Miles Davis e la sua partecipazione alle registrazioni di “In a Silent Wayâ€, “Bitches Brewâ€, “Live-Evil†e “Live at the Fillmore Eastâ€: da qui un escalation di esperienze che lo portano alla costituzione del quartetto Circle (con Dave Holland, Barry Altschul e Anthony Braxton) e poi dei Return To Forever (con Stanley Clarke, Joe Farrell, Airto Moreira) che segnano nel 1972 l’inizio della collaborazione con l’etichetta ECM. A fianco ad alcuni lavori solisti sono da ricordare le collaborazioni con Gary Burton, Al Di Meola e soprattutto quella con Herbie Hancock con il quale effettua due registrazioni live memorabili. Continuano le collaborazioni con grandi personaggi della scena jazz come Michael Brecker, Eddie Gomez, Steve Gadd, Joe Henderson, Gary Peacock, Stanley Clarke, Lenny White, Freddie Hubbard e moltissimi altri. Negli anni 80 Corea vuole sperimentare l’elettronica applicata alla musica e fonda The Chick Corea Elektric Band con Eric Marienthal, John Patitucci e Frank Gambale mantenendo in parallelo una produzione più classica con la formazione The Chick Corea Akoustic Band con John Patitucci e Dave Weckl, lavorando per l’etichetta GRP; non disdegna alcune sporadiche deviazioni sul terreno della musica classica (belle le registrazioni di “Septetâ€, di “The Mozart Sessions†e di “Corea Concertoâ€) che culminano con il grande tributo a Mozart in ricorrenza della sua nascita con il magistrale “Piano Concerto #2. Inarrestabile l’attività di Corea che ad oggi può vantare più di 100 registrazioni e migliaia di collaborazioni che lo pongono sull’Olimpo dei pianisti jazz di tutti i tempi.
Davide Palummo, agosto 2010