Mi rendo conto di essere terribilmente di parte: lo dico subito per non essere accusato “poi” di cialtroneria. Quando uno nasce “sudista” lo rimane a vita. E quindi quando si trova a vedere in concerto il nipote del batterista della Allman brothers band nonché attuale chitarra nella line-up della ABB di fianco a Warren Haynes, insomma un po’ di partigianeria viene fuori. Detto questo il concerto di Derek Trucks e della sua band (visto ieri sera a Roma), è un piccolo squarcio felice sul presente e sul futuro del rock. Non sto qui a raccontare il perché e il percome (date un occhio a ciò che è successo qui: http://southlanditaly.wordpress.com/2007/10/18/derek-trucks-a-roma-first-hand-review/), ma iersera ho visto e sentito dove si può spingere la creatività di un musicista. Derek si esibisce on stage da quando aveva 11-12 anni (ora ne ha 27). Suona rock-blues con componenti soul e southern ed una spiccata tendenza per la jam. Ma soprattutto interpreta la chitarra con una varietà sonora che negli altri chitarristi su piazza non si ritrova. Il trucco sta nella varietà tecnica di base: Derek suona indifferentemente con “suono normale” o slide e in più evita accuratamente il plettro, cosa che gli permette di usare la mano destra in tutto un ventaglio di soluzioni. A questo si aggiunga che le influenze a cui lui e la sua band si abbeverano vanno da Duane Allman a Big Bill Broonzy, da Curtis Mayfield a John Coltrane, da Sun Ra a Lonnie Mack. In conclusione: se il rock sa variare le sue tecniche di base e sa ampliare le sue influenze, beh, non ce n’è per nessuno. Chi lo vede nelle prossime date ci dia altre informazioni….
Walter Gatti
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